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Archive for settembre 2008

Quante volte vi sarà capitato di acquistare una bottiglia di vino prestigiosa, che avete desiderato da tempo, stapparla delicatamente, versarne il contenuto e con enorme dispiacere non trovarlo in forma, di non riscontrare né olfattivamente né gustativamente quello che vi sareste aspettato. Avete iniziato a rimuginare “chissà che temperature ha dovuto sopportare questa bottiglia, avranno lasciato i cartoni al sole”. Il sogno d’ogni attento consumatore è avere la certezza che il vino che ci si appresta a degustare sia stato trattato con estrema cura, ovvero che si sia mantenuto sempre ad una certa temperatura per preservarne le sue qualità organolettiche, ed ecco la notizia che molti aspettavano: oggi sarà possibile, grazie ad un’etichetta hi-tech, controllare la temperatura del vino e verificare che questa dalla cantina d’origine, nel corso della spedizione, ed all’arrivo in enoteca non abbia subito variazioni di rilievo.

La soluzione sviluppata dalla società Pack Sense, permette di risolvere il problema con un’etichetta dotata di sensore micro-chip, questa è posizionata direttamente sulla bottiglia o sulla confezione; oltre a identificare il prodotto, come fa un comune codice a barre, è in grado di segnalare se il prodotto è sottoposto ad una temperatura eccessivamente alta/bassa e “ricordare” tutte le temperature che si sono verificate. Se il vino si è mantenuto alla temperatura richiesta appare una luce verde, in caso contrario la spia luminosa diventa gialla. Una volta giunta a destinazione, l’etichetta fornirà tutti i dati che smaschereranno una non perfetta conservazione del prodotto, i dati che ha registrato possono essere scaricati direttamente sul computer. In questo modo è possibile sapere a quale temperatura ha viaggiato il vino e se, per quanto tempo e quando, è stata superata la soglia ottimale di calore.
L’idea mi piace davvero, il costo dell’etichetta non è proprio economico, circa venti dollari a confezione, ma è un prezzo che a mio modo di vedere vale la pena pagare per bottiglie d’indiscusso valore, e che indurrà necessariamente ad un’attenzione maggiore nel preservare le confezioni in tutte le fasi del trasporto.

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Io tifo spudoratamente per il Catarratto, vitigno a bacca bianca largamente presente in tutta la Sicilia, storicamente coltivato per le grandi quantità che riesce a dare, da un paio d’anni, ovvero da quando la particolare moda della produzione di vino da uve Grillo ha investito il mercato e spinto i produttori a concentrarsi su questa tipologia, le aziende che si cimentano nella produzione di Catarratto in bottiglia lo fanno con particolare scrupolo, realizzando vini dall’indiscusso livello qualitativo. Sono molto interessanti alcuni dei dati elaborati dall’Ufficio Studi dell’Istituto regionale Siciliano della Vite e del Vino, sulla base delle analisi numeriche fornite dall’assessorato regionale Agricoltura e Foreste, che evidenziano in Sicilia, appunto, il trend calante dei vitigni bianchi Catarratto e Trebbiano, a favore dei vitigni autoctoni Grillo e Zibibbo e degli internazionali Chardonnay e Petit Verdot. Fanno riflettere i dati completi della diffusione dei vari vitigni nelle varie province dell’isola: Catarratto e Trebbiano (Trapani, Palermo e Agrigento); Inzolia (Trapani, Agrigento e Palermo); Grecanico e Syrah (Trapani, Palermo e Agrigento); Damaschino, Zibibbo, Petit Verdot (Trapani); Fiano e Barbera (Agrigento); Nerello Cappuccio (Agrigento e Caltanissetta).

In Sicilia sono presenti le province “monovarietali”, nelle quali è predominante una cultivar piuttosto che un’altra, spicca Catania con l’83,3% della superficie vitata occupata da Nerello Mascalese, mentre a Siracusa, Ragusa, Calatanissetta il Nero d’Avola rappresenta rispettivamente l’87,3%, il 64,9%, il 64%. Secondo i dati dell’assessorato all’Agricoltura il vitigno più diffuso in Sicilia è quindi il Catarratto bianco comune con una superficie 38.079 ettari, il Catarratto nelle varie versioni, presenta una buona vigoria e produzione abbondante, con qualsiasi forma d’allevamento, anche se risente degli attacchi dell’oidio, delle tignole e della muffa grigia.

Questo rilancio del Catarratto in termini di qualità mi fa particolarmente piacere, i viticoltori isolani lo hanno sempre preferito  per le sue due semplici doti, la facilità di coltivazione e maturazione. Oggi le esigenze di mercato hanno portato a fare una selezione naturale tra i produttori di questo vitigno che investono in qualità, spingendo, i più, verso la produzione di vini da vitigni alloctoni, soprattutto per i godibili aromi ed il facile gusto che i vini da queste uve donano. E’ certamente più difficile la produzione di vini di livello da questo vitigno, ricco di caratteristiche particolari che però hanno difficoltà ad emergere con i consueti sistemi di conduzione della produzione viticola e con i tradizionali metodi di cantina, si rende necessaria la ricerca delle migliori condizioni di coltivazione, e delle tecniche enologiche che lo valorizzino.

Tra le importanti caratteristiche di quest’uva, che credo sia interessante segnalare, vi sono che non perde la sua acidità velocemente in prossimità della maturazione e non sintetizza elevati contenuti di zuccheri, il momento migliore per la raccolta è quando l’uva raggiunge circa 200-220 grammi di zuccheri per litro di mosto, in quanto la presenza dell’acido malico è elevata, gli aromi varietali del vitigno scompaiono quasi del tutto e sono degradati invece con il protrarsi della maturazione. E’ proprio il caso di dare un segnale netto:acquistare vini da questa cultivar così largamente diffusa ma  in grado di dare vini così particolari e godibili.

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