Tutto quello che si è detto e scritto in questi giorni sullo scandalo del Brunello, (“la Procura di Siena indaga per frode in commercio su cinque grossi produttori di Montalcino, l’ipotesi è che quei produttori usassero tra il 10 e il 20% d’uve non Sangiovese nel loro Brunello, che invece in base al disciplinare deve contenere al 100 per 100 quel vitigno”) desta grande sconforto tra gli estimatori sia in italia che all’estero, di questo storico vino italiano, a Montalcino la preoccupazione dei tanti produttori che hanno sempre lavorato con diligenza ed onesta è enorme, si rischia di compromettere ed offuscare irrimediabilmente un simbolo, una significativa bandiera dell’Italia enoica.
La chiarezza produttiva è fondamentale, a maggior ragione nel caso di un prodotto alimentare di tale lignaggio, ma queste fughe di notizie ad indagini in corso, atte a creare scalpore, se non supportate da dati certi, rischiano di causare un danno difficilmente sanabile, non solo al Brunello di Montalcino, ma a tutto il comparto del vino minandone a fondo la credibilità.
E’ stato un tam tam di notizie: prima si è vociferato della presenza d’uve provenienti da altre regioni, poi ci si è limitati alla supposta presenza delle uve di vitigni internazionali.
Per tutti quelli che come me giudicano e criticano il vino, quest’ultimo dubbio non è certamente una novità, proprio alcuni mesi fa affrontai quest’argomento con un notissimo collega “guidaiolo” toscano, egli raccontandomi di centinaia d’assaggi di Brunello in cantina, mi confermò dubbi e preoccupazioni, ma privo di dati certi, mi sono guardato bene di scrivere su tale argomento, come d’altronde ha fatto anche lui.
Se da un conto i controlli in vigna ed in cantina sull’operato delle aziende sono fondamentali affinchè questi dubbi non assalgano chi si ritrova il vino nel bicchiere, e tutelino con certezza il consumatore finale, come mai questi compiti di controllo così importanti per la certificazione della qualità, sono stati affidati ai consorzi vitivinicoli, il cui organigramma è composto per lo più dai produttori e dagli enologi delle stesse aziende da controllare, e non a chi è scevro da interessi di parte ?
Non bisogna urlare “al ladro al ladro”, se si lascia una banconota di grosso taglio incustodita sul marciapiede, ovvero nel caso in questione, se nel territorio del comune di Montalcino si prevede la produzione di una DOC Sant’Antimo dai vitigni Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Syrah e Pinot Nero, si è crea almeno la tentazione di poter correggerlo ed allungarlo il Brunello.
Per esperienza personale ho fatto parte di commissioni della Camera di Commercio, in qualità di tecnico degustatore per l’assaggio di alcuni vini DOC e D.O.C.G., ed è capitato di trovarmi in serio imbarazzo davanti ad alcuni campioni che hanno ottenuto la qualifica in commissione, anche se assolutamente organoletticamente difformi dai parametri fondamentali della tipologia.
Ecco perché condanno gli scoop facili, non approvo che si faccia cassa sulle spalle dei seri produttori del Brunello che sono certamente la stragrande maggioranza, e che subiranno un danno gravissimo da tanto “can can” mediatico. Il problema dei controlli è fondamentale, e non bisogna neanche tentare di sminuire la faccenda, affermare che questi sono seri ed organizzati e che quindi è solo un’esagerazione del momento e tutto rientrrà nella norma.
Bisogna, invece per il bene del Brunello, come di tanti altri vini italiani, pensarci prima, prima che la Guardia di Finanza accerti gravi irregolarità, prima che si diffondano a catena voci, indiscrezioni e subdole diffamazioni, bisogna prima rendere severi icontrolli, affinché tutto questo non avvenga, affinché un bene d’inestimabile valore, il vino italiano, sia tutelato a dovere e non perda la faccia
E’ un duro colpo al Brunello di Montalcino, vero o falso che sia la faccenda, un duro colpo a livello di credibilita,’ e’ giusto che si vada in fondo, si veda chi ha sbagliato, chi sono i colpevoli di questa truffa e si faccia pulizia.
e’ troppo il Brunello in giro, sicuramente qulcuno hanno taroccato il vino e non ci sono resi conto del grande guaio che hanno fatto.
Luigi adesso ci si preoccupa tanto, ma i controlli appunto, come affermi tu non sono fatti a dovere.
Dovremmo esterdere il discorso non solo al vino simbolo il Brunello, come lo hai definito tu , ma a tutte quelle DOC e DOCG che spesso troviamo in bottiglia e ci lasciano perplessi.
Adesso che si faccia chiarezza quanto prima, è importante che si sappia per certo la verità, sarebbe peggio insabbiare tutto.
Ancora una volta la figura dei “”peracottari””.
Non basta il Brunello tarocco che producono negli States o in Cina, e mai possibile che i padri di un tale nobile vino italico si siano messi a farlo con il merlot ed il Syrah.
Spero vivamente che non sia vero, ma se lo sarà, Luigi ha ragione BISOGNAVA CONTROLLARE:
Magari tra questi che fanno il Brunello sotto inchiesti c’è chi produce il Sant’Antimo.
Ok da sempre il vino del sud finisce in Toscana per i tagli, ma per metterlo nel Brunello No !!!!!
E’stato già smentita questa notizia per fortuna.
Se si legge questo articolo c’è da riflettere:
“Quattro aziende vitivinicole perquisite a dicembre per un’inchiesta, quella condotta dal procuratore capo di Siena Nino Calabrese e dal sostituto procuratore Mario Formisano, che doveva rimanere segreta. La Guardia di Finanza ha messo in atto alcuni sequestri lo scorso febbraio a Montalcino, dove sotto sigilli sono finiti vigneti e uve targate Frescobaldi, Antinori e Argiano. La notizia, scoppiata come una bomba a nove giorni dal Vinitaly, ha fatto correre ai ripari la magistratura senese, che ha rilasciato un’unica nota scritta sulla vicenda. «È opportuno comunicare alla stampa che questo ufficio sta verificando il rispetto da parte dei viticoltori del disciplinare del vino Brunello di Montalcino Docg», scrivono laconicamente i pubblici ministeri che — al solito — oltre non vanno. In questa ridda di voci ci sono comunque alcune certezze. La prima: ci sono 13 indagati nell’ambito di un’inchiesta in cui si ipotizza il reato di frode in commercio. Sostanzialmente, sostengono gli inquirenti, le annate che vanno dal 2003 al 2007 del Brunello di Montalcino sono state «tagliate» con vini Cabernet sauvignon e Merlot (tra il 7 e il 10 percento) per alterare la produzione vitivinicola. La prova sta, ad esempio, nelle ispezioni degli specialisi del Ministero delle Politiche agricole e nel monitoraggio aereo effettuato dal Roan della GdF: lo scorso settembre i finanzieri hanno fotografato interi appezzamenti a Montalcino, scoprendo altri tipi di vite. E la riprova sta, tra l’altro, nelle perquisizioni avvenute tra dicembre e gennaio scorsi quando un nugolo di finanzieri è entrato in azione presso Banfi, Biondi Santi, Val di Cava e Casanova dei Neri, notificando anche contestuali avvisi di garanzia. Spiega, ad esempio, l’ad Enrico Viglierchio della Banfi iscritto sul registro degli indagati assieme alla presidente Cristina Mariani: «A noi hanno sequestrato tutta la documentazione contabile, ma al momento non ci hanno impedito di commercializzare i nostri prodotti. Siamo tranquilli». Tradotto: ben presto queste aziende potrebbero uscire dall’inchiesta. Per Frescobaldi, Antinori e Argiano dopo la perquisizione e è scattato lo scorso febbraio il sequestro delle annate 2003-2007 prodotte a Montalcino. E sul registro degli indagati sono finiti Lamberto Frescobaldi, Piero Antinori e Pazzaglia della Argiano. In questo caso occorre seguire il fronteggiarsi tra accusa e difesa: Frescobaldi ha fatto un ricorso al gip, che lo ha rigettato; Argiano aveva chiesto il dissequestro dell’annata 2003 al Riesame, che lo ha negato. Gli avvocati, che sono tanti e agguerriti, stanno dunque studiando se ci sia qualche crepa nella quale insinuarsi: ogni singola parola dei decreti di sequestro viene attentamente vagliata. L’aria che si respira, almeno a Firenze, è ovattata. A microfoni spenti i protagonisti della vicenda si dicono «increduli e sbigottiti». Di conseguenza anche le dichiarazioni pubbliche sono improntate alla massima trasparenza. «Siamo tranquilli, chiariremo tutto», dice Tiziana Frescobaldi. «Non abbiamo neppure commercializzato l’annata del 2003», fa eco Piero Antinori. La stessa decisione dei Frescobaldi. Di «accusa gravissima» parla anche il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino che però aggiunge: «Nel 2007 il Consorzio ha completato l’ispezione su oltre 1.667 ettari di vigneto iscritto. Nel corso di tali ispezioni, iniziate nel 2004, sono state rilevate alcune non conformità che hanno interessato solamente 17 ettari». Prudente il commento dell’assessore all’agricoltura, Susanna Cenni che dice: «Aspettiamo i risultati delle indagini. Se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi, ma non è corretto mettere in discussione il buon nome del Brunello. Il Brunello è un grande vino, i viticoltori hanno grande professionalità ed il Consorzio dal 2004 esegue controlli a tappeto. Oggi — aggiunge Cenni — l’82% del territorio è stato già controllato e le irregolarità riscontrate sono già state superate ed i controlli sono sempre utili. Evitiamo però generalizzazioni ingiustificate».
Speriamo bene che dire.
Loris
Loris i nomi dei produttori di Brunello dell’articolo che hai linkato mettono i brividi.
Come è possibile che i controlli DOCG non si siano accorti di nulla prima, doveva arrivare la guardia di Finanza e la magistratura ?
Se realmente è stato perpetrato questo attentato al vino più importante italiano nel mondo, solo per aumentarne la produzione o cercare di renderlo più godibile modificando il suo status, che paghino le loro colpe.
Altrimenti si vergognino quelli che sto polverone stanno alzando, solo per fare notizia.
Controlli, controlli, controlli !!!!!!
E’ una vergogna !!!!!
Poi l’Espresso ci mette il carico con i suoi titoli che demoliscono un mito italiano:
NEL BRUNELLO C’E’ IL TRANELLO :
Il celebre vino fatto con altre uve. Il Chianti allungato con rosso d’Abruzzo. Il Passito sotto processo. L’olio tunisino spacciato per italiano. E l’aceto di Modena che nasce a Napoli. Così viene distrutta la credibilità dei prodotti più prestigiosi.
Blitz a Montalcino Partiamo dal Brunello di Montalcino, tra i vini Docg più celebri del mondo, il lavoro degli investigatori sta disegnando una frode in commercio colossale, per cui il 30-40 per cento del carissimo vino prodotto nel 2003 (ma sotto la lente ci sono anche le annate dal 2004 al 2007) rischia di non poter fregiarsi né del marchio di Denominazione d’origine controllata e garantita né del nome ‘Brunello’. I pm hanno guardato dentro al bicchiere al bicchiere, e nel fondo hanno scovato il marcio.
Allo stato le aziende coinvolte sono cinque, gli indagati più di 20. L’accusa dei magistrati è, per i cultori, una vera bestemmia: aver mischiato all’uva di qualità Sangiovese, l’unica ammessa dalle rigide regole del disciplinare, altre qualità di origine francese: dal Merlot al Cabernet Sauvignon, dal Petit Verdot al Syrah. Vitigni usati per produrre dal 10 al 20 per cento del prodotto finale. I motivi del taroccamento sono due: le quantità del Sangiovese disponibile, in primis, sono insufficienti a coprire la domanda crescente di mercato. Inoltre il miscelamento sarebbe legato a una mera questione di palato: il consumatore, soprattutto quello americano, preferisce al gusto forte del Brunello Doc una variante morbida, più dolce e ‘transalpina’. Molti negano, qualcuno rettifica, Montalcino è sgomenta, ma le prove sembrano schiaccianti: le Fiamme gialle hanno trovato nelle cantine le ricette con cui gli enologi preparavano lo shake di vini, conservati in vasche differenziate prima del cocktail da imbottigliare. Appunti riservati grazie a cui gli esperti confezionavano, dosando con cura le proporzioni, il falso Brunello.
Il professore Attilio Scienza ha spiegato che possibile attraverso analisi chimiche stabilire con precisione se un vino è in purezza o se è contaminato con altri vitigni o con uve provenienti da altri territori.
I metodi sono due:
l profilo antocianico, che è come un’impronta digitale del vitigno. Ci sono alcuni vitigni come il Sangiovese e il Nebbiolo che hanno poche sostanze, all’analisi della bottiglia se si trova una concentrazione più alta, non è possibile dire quali altri vitigni ci sono, ma sicuramente che non sono in purezza.
L’analisi dell’origine: nell’acqua ci sono diverse concentrazioni di determinati isotopi che variano a seconda del luogo di origine, e io mescolo un vino trentino con uno siciliano, per esempio, riesco a capire se c’è stata una contaminazione o una sofisticazione.
Sono esami che ormai si fanno in modo rapido ed economico, per l’analisi degli antociani si va dai 15 ai 50 euro, per l’altro tipo intorno ai 300.
Allora che si facciano tutte le anlisi del caso, i nomi dei coinvolti non è giusto che girino, ma si controllino a fondo i loro vini.
Suvvia qualcuno di voi pensa davvero che in tanti Brunello ci siano solo uve sangiovese. ?
Ma dai !!!!!!! ma mica siamo scemi, è pazzesco che non si controlli a dovere la produzione, e se c’è del merlot o del Cabernet toscano ci è andata bene !!!!!!!!!!!!
Luigi adesso da più parti si sollecita la modifica del disciplinare del Brunello di Montalcino, per permettere l’utilizzo di un massimo di 15% di altre uve autorizzate, per salvare capre e cavoli.
Tu che ne pensi ?
Non credo che si voglia salvare capra e cavoli, credo che la proposta sia per il futuro, la modifica del disciplinare per consentire in maniera facoltativa l’uso delle uve autorizzate, in maniera tale che ogni produttore potrà quindi scegliere il giusto orientamento da dare al proprio Brunello senza dovere trasgredire la legge.
Non so quanto possa essere giusta questa decisione, importante però che il consumatore sappia se è un Brunello sarà ottenuto da Sangiovese in purezza o meno.
Chi ha aggiunto altre uve, e se lo ha fatto adesso, lo ha fatto in barba ad un disciplinare chiaro: Sangiovese 100%
Se si tratta solo di uve alloctone unite al Sangiovese tireremo un sospiro di sollievo !!!!!!!!!!
Luigi non so neanche io se sia corretto modificare il disciplinare del Brunello, ovvero stravolgere la costituzione di un vino storico, cancellarne l’identità, permettere di mistificarlo, con il Merlot, il Syrah ecc…
C’è da riflettere bene se farlo o meno
E’ pazzesco, vorrei segnalare che qui in Toscana si comincia più a parlare se è giusto o meno modificare il disciplinare del Brunello, se aggiungere le uve Internazionali, se deviare le carratteristiche del nostro vino simbolo, ma tutti stanno dimenticato che qualcuno lo ha probabilmente già fatto , prendendoci per i fondelli.
E’ via con i vari Brunello sempre più rotondi, merlottizzati, privi di logigità del territorio, purchè si vendano.
No non sono daccordo !
Caro Luigi ricordo con estremo piacere le nostre degustazioni di pochi giorni fa al Vinitaly, la tua signorilità nel presentarmi a Roberto Cipresso e te ne rigrazio pubblicamente.
La mia opinione su questa vergogna del Brunello è chiara, si fanno da tempo questi pastrocchi e nessuno si mai procurato di imperdirlo, salvo ora nel voler cambiare il disciplinare.
No comment.
Il Brunello è Sangiovese 100% è tale deve restare a mio modo di vedere.
Se voglio bere un Supertuscan ho tantissime scelte possibili, e non è il caso di aumentarle cancellando una tradizione.
Giusto secondo me che il Consorzio controlli efficacemente la produzione, e chi è deputatoa farlo nulla deve spartire con aziende produttrici
Ma davvero secondo il Prof.Scienza è possibile scoprire se un vino è costituito da vitigni diversi rispetto al disciplinare dal quale dovrebbe essere prodotto ?
Se analizzassimo molti vini ci sarebbe da ridere secondo me, almeno secondo quanto spesso il mio palato mi dice.
Ciao Giulietta