Sono appena rientrato da “Sicilia en Primeur” manifestazione organizzata da Assovini Sicilia giunta alla 7a edizione, si è svolta dal 4 al 7 Marzo 2010 rinnovata nella formula e nei contenuti, per la stampa un appuntamento imperdibile per comprendere la qualità dell’ultima vendemmia e scoprire le novità dell’enologia siciliana. Ho avuto l’opportunità insieme a cento colleghi giornalisti provenienti da 25 paesi di tutto il mondo di poter assaggiare dalla vendemmia 2009 in anteprima ed alla cieca molti più vini rispetto allo scorso anno, ben 57 en primeur, nonché tutte le etichette in uscita o già presenti sul mercato delle 37 aziende partecipanti a questa edizione, per un totale di circa 300 vini diversi.
Wine Reality Web Tv: servizio su sicilia en Primeur con intervista al Prof. Attlio Scienza sull’andamento della vendemmia 2009 e intervento di Josè Rallo di Donnafugata.
Sicilia en Primeur è un evento itinerante che si svolge ogni anno in una diversa area dell´isola, quest’anno la base è stata Sciacca, in provincia di Agrigento, i tasting si sono svolti Sabato 6 Marzo nella prestigiosa location del “Rocco Forte Verdura Golf & Spa Resort”, un vero paradiso. Mi è molto piaciuta questa edizione per alcune novità, una di queste è stata la scelta di far soggiornare presso le aziende la stampa per entrare intimamente in contatto con il territorio siciliano. Come ogni anno, infatti, i giorni precedenti le degustazioni, il Giovedì ed il Venerdì abbiamo hanno avuto la possibilità di visitare alcune aziende attraverso la scelta tra 8 differenti tour delle varie zone. Io ho scelto il tour del centro Sicilia che mi ha portato a pernottare nello splendido scenario di Regaleali Tasca d’Almerita e successivamente a visitare Fabio Sireci a Feudo Montoni, la Masseria del Feudo Grottarossa di Francesco Cuccurullo e la Miniera Taccia Caci di Aragona nella quale i Viticultori Associati di Canicattì hanno in progetto di affinare alcune delle loro bottiglie nate sotto la guida dell’amico enologo Tonino Guzzo.
Al Rocco Forte di Sciacca la nuova formula degli assaggi ha lasciato alla scelta personale di ognuno il percorso da compiere. Sono state allestite tre distinte sale, nella prima i 57 vini alla cieca dell’annata 2009 divisi per vitigno e territorio, con indicazione dell’età del vigneto, del tipo di allevamento e della resa per ettaro. Ad ogni bottiglia coperta corrispondeva un numero, il perfetto servizio dei sommeliers ha consentito ad ogni collega di avere servito il campione desiderato. Erano presenti i vitigni autoctoni ed alloctoni in purezza ed in blend, tra i tanti vini perfino un Nero d’Avola vinificato in bianco. Negli assaggi “en primeur” ho constatato che i bianchi, sia dagli autoctoni Catarratto, Grillo, Insolia e Zibibbo, sia da Fiano, Chardonnay, Viognier, Sauvignon Blanc si sono mostrati più pronti e di bellissimo fresco impatto sia olfattivo che gustativo rispetto ad altri anni, a riprova che la qualità dei bianchi in Sicilia è ormai una realtà consolidata.
La mia particolare predilezione per i Catarratto di qualità come quello proposto nei quattro campioni anonimizzati da questo vitigno mi spinge ad affermare che in questi la piacevolezza è stata la più alta fra i bianchi testati. Tra i rossi mi hanno colpito un paio di Nero d’Avola di grandissimo frutto, un Cabernet Sauvignon dalle eleganti potenzialità, ed un Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio dal naso e dalla beva ancora verde ma unica.
Nella seconda sala tutti i vini delle 37 aziende con etichette visibili, alcuni ’09, altri ’08, ’07, ’06, è stato possibile approfondire le differenze dei vitigni nei vari territori dell’isola, raffrontando le varie differenze interpretative delle singole cantine. La sensazione finale è che in generale i vini sia bianchi che rossi esprimano sempre maggiormente il varietale d’origine con freschezza ed eleganza gustativa in crescita, mostrando espressioni più fini rispetto ai vini iperconcentrati ed iperstrutturati di qualche anno fa. Nella terza sala l’incontro con i produttori, la possibilità di assaggiare facendosi raccontare il vino da chi lo produce, annotando la filosofia produttiva di ciascuno.
Interessante il convegno di chiusura che si è svolto Domenica 7 all’ex convento di San Francesco di Sciacca, nel corso del quale il Prof. Attilio Scienza ordinario di viticoltura all’Università di Milano ha fatto un attenta analisi della viticoltura siciliana: “ la Sicilia è terra d’elezione per la vite per le condizioni climatiche, tali, per esempio, da permettere una forbice nel periodo vendemmiale di 90 giorni (dal 15 agosto al 15 novembre). A questo va aggiunta la ricca varietà di terreni dove è coltivata la vite e la presenza di un panorama di vitigni fra regionali e locali davvero eccezionale. Al primo gruppo appartengono Catarratto, Frappato, Grecanico, Grillo, Inzolia, Nerello Mascalese e Nero d’Avola che insieme ai locali Perricone e Zibibbo costituiscono l’80% del patrimonio viticolo regionale. A questo si aggiungono anche i vitigni locali come l’Albanello, l’Alicante, il Carricante, il Damaschino, la Malvasia delle Lipari, la Minella Bianca, il Moscato di Noto, la Nocera e il Nerello Cappuccio. Esiste poi una trentina di antiche varietà prodotte in pochi ceppi e in particolari areali, che costituiscono una ulteriore ricchezza. Il Prof. Scienza ha poi puntato la sua attenzione sulle diverse caratteristiche delle varie zone dell’isola” la Sicilia enoica ha davanti a sé un complesso lavoro di riassestamento che va dal recupero di un’identità precisa attraverso la definizione di uno stile personale e che abbandoni i caratteri internazionali, puntando a valorizzare le diverse potenzialità dei diversi territori; una valorizzazione delle diversità ambientali attraverso una immagine unitaria; una riconsegna del giusto valore e significato alla parola tipicità che viri di più verso la riconoscibilità; uno spostamento dell’attenzione del cliente finale più sul territorio/territori che sul vitigno. La Sicilia ha una superficie vitata pari a quella dell’Australia, ed è due volte più ampia di quella del Piemonte e della Toscana. I suoi quasi 120.000 ettari coltivati a vigneto (più altri 21.000 in portafoglio) producono uve bianche per il 65% e per il restante 35% rosse. Le varietà di antica coltivazione sono l’85%; quelle cosiddette internazionali il 15%. Il vino imbottigliato incide, però, soltanto per il 17% a fronte di 650 aziende che imbottigliano (55 sono cooperative).
Al termine dell’intervento del Prof. Scienza si è aperto un interessante dibattito, anch’esso nuovo nella formula, che ha visto i produttori delle cantine presenti alla 7a edizione di Sicilia en Primeur sul palco per rispondere alle domande della stampa. Sia i colleghi stranieri che italiani hanno evidenziato una chiara crescita orizzontale della qualità dei vini, mentre molte le perplessità sono emerse sulla proposizione della DOC Sicilia, che sarebbe in grado secondo alcuni di dare nuova forza e slancio all’enologia della Sicilia anche in chiave di export.
Ho letto con grande interesse questo pezzo.
Che i bianchi in sicilia siano decisamente migliorati è sotto gli occhi di tutti.
Ricordo che una decina di anni fa si bevevano delle ciofeche pazzesche, vini pieni di alcol e null’altro che si ossidavano dopo sei mesi.
Per i rossi il discorso e simile anche se si dovrebbe dare maggior caratterizzazione autoctona alla produzione.
Interessantissimo l’intervento che hai riportato del Prof. Scienza. La difficoltà è metterlo in pratica.
Questa nuova formula di Sicilia en Primeur con tanti tasting differenziati credo sia molto centrata per raffrontare la produzione dell’ultima vendemmia con le evoluzioni del vino negli anni.
Concordo pienamente che la Sicilia in bianco è sempre più accattivante, in particolare quella da Catarratto.
Bello il pezzo Luigi.
La siciilia del vino cresce, ma non tutta, si imbottigliano tante vini mediocri sia all’interno che fuori regione, ma queste aziende non sono certo assovini.
Ho visto nel servizio video un accorato intervento della Rallo, una grande promoter della sicilia enologica.
Non avrei mai pensato che la Sicilia avesse il doppio di vigneti della Toscana e del Piemonte.
Facciamo fruttare al meglio tanta potenzialità!
Spesso sento dire di un ritorno in Sicilia all’autoctono dopo aver percorso la strada dei vitigni internazionali.
Ma ho letto nell’intervento di Scienza questi dati:
Le varietà di antica coltivazione sono l’85%; quelle cosiddette internazionali il 15%. Il vino imbottigliato incide, però, soltanto per il 17%
Mma allora ritorno di cosa se sono sembre la stragrande maggioranza?
Ma non basta tutti i vini assurdi che portano la scritta nero d’avola e che sono spesso scarsissimi, adesso anche le aziende di una certa qualità lo bistrattano, hai scritto che hai assaggiato un nero d’avola in bianco, ma è mai possibile?
Pazzesco
I piccoli viticoltori che cercano di mettere in bottiglia prodotti unici stanno crescendo di numero in Sicilia.
Vorrei ringraziarla perchè oltre che parlare di queste grandi aziende, lei è sensibile a comunicare i nostri sforzi.
Cordiamente Giacomo
x simona faldini
Simona non è così come credi.
Bisogna tenere in considerazione il dato dell’imbottigliato. Solo il 17% del vino finisce in bottiglia, le varietà internazionali sono solo il 15% ma spesso sono coltivate o comprarte da chi imbottiglia, quindi finiscono in gran percentuale nel comporre i vini.