Dopo il tradizionale rito del déblocage in programma alla mezzanotte tra il 4 e il 5 novembre, il 6 Novembre di ogni anno inizia la commercializzazione del vino novello. E’ prodotto dai vitigni più diversi: Merlot, Barbera, Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Marzemino, Teroldego, Primitivo, Nero d’Avola, Montepulciano, Aglianico, l’elenco è lunghissimo sono circa una settantina quelli utilizzati. Negli ultimi dieci anni, la moda del Novello si è diffusa oltremodo fra produttori e consumatori italiani, basti pensare che nel 2002 la produzione ha raggiunto il tetto massimo sfiorando i 18 milioni di bottiglie, ma già nel 2006 ha iniziato tendenzialmente a calare con 15,5 milioni di bottiglie prodotte, proseguendo nel 2007 in calo. La stima della produzione del 2008 si attesta intorno a 11,15 milioni di bottiglie, per un fatturato previsto di circa 52,52 milioni di euro (nel 2007 il business è stato di 69,9 milioni). Il vino Novello non è più di tendenza e meno male, dato che spesso in bottiglia è stato possibile ritrovare prodotti per lo più scadenti, ottenuti con vini di annate precedenti rimasti in cantina ed appositamente rifermentati, invece che derivati da uve appena vendemmiate e vinificate attraverso il particolare metodo della macerazione carbonica. In questi ultimi cinque anni le cantine produttrici sono diminuite vertiginosamente, infatti secondo le stime fornite dagli amici di Civiltà del Bere sono ora 246, con una produzione concentrata soprattutto in Veneto, Trentino e Toscana, regioni che da sole rappresentano il 59%, ed insieme ad Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia arrivano al 72%. La legislazione, prevede che affinché il vino possa essere chiamato novello, debba essere creato con macerazione carbonica per almeno il 30% dell’uva intera, mentre il restante 70% può essere vinificato con il metodo tradizionale con vino anche di annate pregresse, ma in verità è raro poter trovare in bottiglia percentuali superiori al 20% di uva appena vendemmiata.
E’ curiosa la nascita di questo metodo di vinificazione, ideato da un’équipe di ricercatori francesi nel lontano 1934, in uno dei tanti esperimenti era stata attuata la conservazione di grappoli d’uva a bassa temperatura a contatto con anidride carbonica. Dopo due mesi, i ricercatori constatarono, che i grappoli erano diventati gassosi e frizzanti, dal sapore decisamente particolare, l’uva non erano più adatta per la vendita e pertanto decisero di vinificarla; il vino che ne uscì risultò certamente “nuovo”, dalle semplici ma piacevoli caratteristiche.Dopo poche settimane dalla raccolta delle uve, il vino novello è già pronto, attraverso la macerazione carbonica, che consiste nel riempire d’uva non pigidiraspata, una cisterna, chiuderla ermeticamente per 7-20 giorni a temperatura di circa 30°C, previa saturazione con gas anidride carbonica.
Una piccola percentuale d’uva, quella più in basso, resta schiacciata dal peso dell’uva soprastante e libera mosto che inizia a fermentare, per mezzo degli enzimi già presenti nell’uva, producendo alcol e anidride carbonica; questo gas satura rapidamente l’ambiente, per cui le cellule intatte dell’uva intera sono costrette a modificare il loro metabolismo, effettuando un tipo di fermentazione intracellulare, detta anche autofermentazione, nel corso della quale si formano glicerolo, metanolo, acetato d’etile, acetaldeidi e aminoacidi e, modificando la permeabilità delle bucce, queste cedono i pigmenti coloranti alla polpa. L’uva, così conterrà una quantità d’acidi inferiore rispetto all’origine, inoltre si svilupperanno nuovi componenti odorosi, che ricordano principalmente la fragola, il lampone ed il mirtillo, oltre ad un intenso profumo fruttato. Tutta la massa è successivamente pigiata sofficemente e posta nel tino di fermentazione dove, in tre giorni, terminerà la trasformazione degli zuccheri in alcool.
Il vino che ne risulta avrà colore particolarmente vivo, con tonalità che ricordano il porpora, ed al gusto predominerà la freschezza. I novelli italiani hanno maggiore ricchezza d’acido carbonico, rispetto ad altri, questa caratteristica, quasi sempre piace al nostro gusto, ma non al consumatore straniero. Per assaporarne appieno proprio la freschezza e la fragranza, il novello deve essere consumato entro la primavera successiva alla vendemmia, accostandolo perfettamente con primi piatti leggeri, carni delicate bianche o rosse e formaggi freschi. In Italia la nascita del vino novello negli anni ’70 è da assegnare ad Angelo Gaja con il «Vinot» ed a Marchesi Antinori con il «S.Giocondo», attualmente le DOC dove è previsto il Novello sono circa 60, mentre oltre 170 sono Indicazioni Geografiche Tipiche. In Francia, patria del novello, si è raggiunta una produzione di 60 milioni di bottiglie di Beaujolais, di cui circa il 50% destinato all’estero, la cui qualità media è decisamente superiore a quella Italiana.
Il Novello resta un piacevole rito di stagione, è snobbato da sempre dagli eno-appassionati, mentre i giovani restano il target privilegiato, francamente preferirei ancora una netta riduzione della produzione a favore dell’innalzamento della qualità media, lo scorso anno ne ho testati un centinaio ma quelli che mi hanno soddisfatto sono stati meno di una decina. La franchezza in un novello è una delle caratteristiche fondamentali da ricercare, così come la corrispondenza al vitigno d’origine, l’ideale è ritrovare un colore brillante, intenso, dal profumo fragrante, con assenza quasi totale di tannini, che lo rende bevibile anche alla basse temperature di servizio. Tra breve sarà l’ora dei vari novello 2008 speriamo bene!!!
Il consumatore più attento fugge da questa tipologia di vino, lo beve così quasi per caso se gli viene prposto ma certamente non lo acquista.
Luigi hai perfettamente ragione, in commercio vi sono pochi veramente pochi prodotti di buon livello, bisogna cercarli con il lanternino.
A me personalmente non piace per nulla, non mi sognerei mai di portarlo a casa di amici a cena, ma è un mio personale parere.
Ogni anno cerco di provarli un pò tutti i novelli siciliani, l’anno scorso una delusione pazzesca.
Non mi và francamente di comprare il solito Beaujolais Nouveau Louis Tete, lo si trova ovunque, anche se a dire il vero, in genere supera in qualità i nostrani.
Io quando ho bevuto qualche novello siciliano mi sono sempre sentito male. Dolori di testa, nausea e altro.
Non amo per nulla il novello, lo trovo spesso iperbolicamente squilibrato, spesso somiglia più ad una bevanda speciale e non ad un vino, tranne rari casi dove la qualità è evidente.
@4 Davide , i vini novelli siciliani non saranno gran che, ma dare nausea e vomito mi sembra un pò troppo.
Luigi mi trovo perfettamente in sintonia con ciò che affermi:
“La franchezza in un novello è una delle caratteristiche fondamentali da ricercare, così come la corrispondenza al vitigno d’origine, l’ideale è ritrovare un colore brillante, intenso, dal profumo fragrante, con assenza quasi totale di tannini, che lo rende bevibile anche alla basse temperature di servizio”
…..e quanti di voi ritrovano queste caratteristiche nei novelli.
Non mi vergogno bevo il Novello, magari solo per due settimane ma lo bevo.
Tra i migliori novelli siciliani ho sempre apprezzato quello di Romolo Buccellato” di Vittoria e quello delle Cantine Foraci” di Mazara del Vallo, il Rapitalà e il Feotto dello Jato.
Tra i migliori Veneti quello di Facchin, Luigino Zago, Cantina di Gambellara e Pegoraro
Il novello è un “vino non vino”, un espediente commerciale, di pronta cassa, utile per le cantine che eliminano masse superflue, adatto per chi beve senza soffermarsi più di tanto, e siccome sempre di più persone bevono non ad occhi chiusi, il novello non tira.
non sono convinto
@9 melandroweb
Non convinto di cosa!!!!!
i dati sono chiarissimi, si produce sempre meno novello.
Mi associo ….e meno male
Faccio come spesso la coscienza della categoria degli enologi:
Quante volte ho messo in caniere un novello che di “nuovo” aveva veramente ben poco.
Non faccio più novello, anzi non mi viene chiesto più di farlo, CHE SOLLIEVO!!!!!
Le aziende che aderiscono all’istituto del vino novello toscano, producono un novello sicuramente piu aderente alle caratteristiche che descrvi, vini tutto sommato accettabili da bere.
Ecco il link:
http://www.novellotoscano.it/Novello_le_aziende.htm
In determinati locali si vende e come se si vende il novello, si è sicuramente in calo, ma ancora parecchi lo richiedono.
A me personalmente non dà alcuna sensazione positiva, lo trovo troppo poco vino.
Ma…… spendiamo gli euri per qualcosa di piu’ concreto.
E’ incredibile che l’Istituto nazionale del vino novello conti soltanto una trentina di aziende associate!!!!!
Come mai ?
In effetti bisogna saper scegliere e distinguere i vari tipi di vino Novello, non tutti sono di ottima qualità, ma quelli realizzati con cura e nel rispetto delle regole hanno un loro perchè.
Probabilmente non è un tipo di vino che possa soddisfare qualsiasi palato, ma è comunque sicuramente da provare.
@14 enoflash:
trovo il dato dell’aziende aderenti all’istituto del vino novello molto espicativo, su 260 aziende che producono questa tipologia solo una trentina!!!!!
Luigi nella mia enoteca ho sempre una quantità di clienti che mi richiede il novello, confermo quanto affermi, negli ultimi anni c’è stato un chiaro ribasso nella richiesta, anche io ho ridotto gli ordini, ma i novelli toscani, veneti e friulani si vendono sempre ed anche qualche siciliano
Ho preso solo 3 novelli per il mio locale e sono tutti siciliani, poca la quantità, a parte il boom iniziale dopo il 6, ogni anno la vendita diminuisce e non voglio tirarmelo a lungo poi sul groppone.
Il mondo del novello, a mio giudizio, è un mondo a parte. Il degustatore di vino non beve il novello. All’appasiionato di vino piacciano profumi diversi, sapori particolari a volte nascosti, persistenza olfattiva ecc.
Il novello è un vino per i “Non addetti al lavoro” è un vino leggero, spenzierato, che non si degusta ma si beve in compagnia fra amici in una scampagnata.
Mi ricordo l’anno scorso, prorpio in novembre, facemmo una cena ai castelli romani in un noto locale, che per publicità non menziono, dove assaggiammo 7 piatti diversi accompagnati da 7 novelli.
Cosa è rimasto di quella serata? Sicuramente non rammento nemmeno una delle etichette “bevute” ma ricordo una emicrania il giorno dopo che faccio fatica a dimenticare.
Luigi,
vedo che il tuo interessamento sui novelli è alquanto provocatorio, sui tecnici, enotecari oltre che sui consumatori.
Importante quindi parlarne.
Da tecnico, mi rendo conto che potrebbe definirsi nè carne nè pesce.
Ma devo anche dire che se ben fatto, e qulcuno menziona alcune ditte che ritengo lo facciano molto bene, diventa facile da bere.
Oltretutto , facendo gli opportuni abbinamenti o lontano dai pasti, sorseggiandolo e prendendo di bello quelle caratteristiche olfattive che lo rendono elegante , morbido ed intrigante lo rendono un vino piacevole da esagerarne anche nei consumi.
Sul fatto dei ribassi nei consumi, senza volerci nascondere dietro il ditino, ritengo ci sia una sola spiegazione: MANCANZA DI LIQUIDITA’ NELLE TASCHE DI TUTTI NOI.
Al ristorante: le posso dare un novello ?
Luigi concorderai con me,
NO meglio un buon sangiovese solo acciaio!!!.
Fabio hai visto che il lancio del vino novello avviene in questo periodo. Possiamo dare via ai fiumi di vino!
:-)))Gianni
il novello grazie alla legislazione italiana (che prevede solo il 30% di uve nuove) e stato rovinato,e comunque c’è ancora molta gente che lo beve,che di vino non capiscono nulla